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In Tunisia con il progetto Jesmed…

ROMA – Nell’ambito del  programma Italia-Tunisia 2014-2020 è stato dato l’avvio al Progetto Jesmed che vede  capofila il INAT (Institut National Agronomique de Tunisie), insieme ai partner tunisini  il DGPA (Direction Générale de la Production Agricole), il GDAEBN (Groupement de Développement Agricole des Eleveurs de Brebis du nord) e ai partner italiani  CoRFiLaC di Ragusa, il Gal Eloro, il Dipartimento Di3A dell’Università di Catania.

Il progetto JESMED vuole realizzare, secondo i promotori un  “Ponte Ancestrale Mediterraneo della filiera ovina”. Si tratta di un  progetto di scambio transfrontaliero che punta non solo a un trasferimento bilaterale di know-how ma anche a una formazione reciproca, alla mobilità tra ricercatori e operatori del settore tra i due paesi a confronto: Italia e Tunisia.

Una sinergia tra due aree caratterizzate dalla similitudine delle condizioni climatiche, prossimità territoriale e affinità ambientale di queste aree per consentire agli addetti ai lavori di svolgere un lavoro complementare su entrambe le sponde del Mediterraneo per promuovere la filiera delle carni ovine nei due territori interessati. In particolare  sarà posta l’attenzione alla carne della razza Noir de Thibar (NT), presente nel nord della Tunisia in modo primario nei governatorati di Beja e Bizerte. Per la Sicilia le province interessate saranno 3: Catania, Ragusa e Siracusa.

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In Sicilia non sono presenti marchi di qualità per le carni ovine, consentendo, quindi, agli allevatori siciliani di beneficiare dell’esperienza di questo progetto in materia di certificazioni di qualità. Per i promotori l’obiettivo di JESMED è sostenere l’imprenditorialità nel settore dell’allevamento ovino in Tunisia e in Sicilia migliorando e valorizzando la carne ovina di qualità da razza autoctona, promuovendo la biodiversità, i prodotti locali, grazie alla realizzazione di azioni pianificate, che consolideranno le strutture economiche esistenti e creeranno know-how ed opportunità per le nuove entità economiche (MPMI) anche grazie alla formazione e alla mobilità tra i paesi.

L’area transfrontaliera è caratterizzata, infatti, dall’assenza di cluster economici e da una forte debolezza del tessuto imprenditoriale nella filiera delle carni ovine, mancando infrastrutture e know-how in materia di macellazione, sezionamento, parametri di riferimento relativi all’istituzione di etichette, di certificazione e controllo.

La valorizzazione delle risorse genetiche locali, come la Noir de Thibar (NT), e delle tradizioni autoctone legate all’utilizzo di questa razza,  ha dichiarato a Italpress il dott Rosario Petriglieri, Ricercatore Nutrizione Ruminanti da latte del CoRFiLaC di Ragusa, contribuirà a preservare l’ambiente ed il patrimonio creando opportunità economiche. Il sostegno al GDAEBN (Groupement de Développement Agricole des Eleveurs de Brebis du nord), secondo Petriglieri, esempio di organizzazione di successo nel settore, e l’elaborazione di un pacchetto tecnico e di strumenti organizzativi che saranno valorizzati da altri operatori economici di entrambi i paesi dell’area transfrontaliera, sarà la strategia per raggiungere gli obiettivi previsti.

E’ prevista, anche, la creazione di una SMSA (Società Mutuale di Servizi Agricoli) che operi secondo il modello cooperativo per la gestione collettiva delle attività della filiera produttiva delle carni a marchio NT(Noir de Thibar). Per Rosario Pestriglieri del CoRFiLaC, questo progetto “rappresenterà un modello per la valorizzazione delle carni di agnello da latte e di agnello siciliano leggero, delle carni macellate secondo le norme della legge islamica dell’ Halal, anche alla luce della prossimità territoriale e delle somiglianze ambientali dell’area transfrontaliera e all’assimilazione dei consumi legati ai flussi di scambio socio-economico”.

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